INTERVENTO di CITTAINSIEME LETTO DA Salvatore Resca all’assemblea del Comitato Scidà, scuola Cavour, il 29 marzo 2001

Vi prego di scusarmi, lo dico in anticipo, se non potrò rimanere fino alla fine.
Urgenti impegni mi richiamano altrove. Ma mi informerò puntualmente stasera stessa sullo svolgimento e sulle conclusioni dei lavori di quest’assemblea,.
Sapete tutti che siamo stati fra i primi, noi di Cittainsieme a pronunziarci a favore del giudice Scidà, quando divenne di pubblico dominio la notizia del suo eventuale trasferimento, in vista sia dei suoi casi personali che delle sue prese di posizione sul cosiddetto “Caso Catania”.

Abbiamo organizzato, lo ricorderete, il 22 di gennaio un’assemblea al Convitto Cutelli alla quale abbiamo inviato sia Scidà che Marino, per saperne di più sulle loro dichiarazioni e prendere posizione più decise all’interno del problema.

A questa assemblea essi non hanno potuto partecipare per comprensibili motivi, ma già fin d’allora, sia all’interno del movimento, sia facendo parte di quel gruppo di associazioni che ha costituito il comitato, abbiamo continuato ad interrogarci su qualcosa che è da tempo alò centro della nostra attenzione.
Da alcuni anni, abbiamo denunziato insieme a tanti altri che tengono gli occhi aperti sulla città, le anomalie, chiamiamole così, nella conduzione del governo della città; le abbiamo denunziate, in maniera chiara ed inequivocabile almeno in due occasioni.
La prima volta, alla festa che celebrava il decennale del sindaco Bianco a Palazzo Biscari, il 29 luglio 1998 (ed abbiamo, per chi volesse leggerlo, il testo integrale di ciò che quel giorno è stato detto).
Ma voglio leggervi le precise parole con le quali quella sera, (29 luglio 1998) si concludeva il nostro intervento.
Ciò che soprattutto ci preoccupa dicevamo, è il ritorno delle vecchie facce nella politica. E quelle poche facce nuove, di nuovo hanno poco, perché alle loro spalle o ci sono i vecchi padrini o i vecchi modi di far politica.
Ecco perché mi sembra e ci sembra, a noi di CITTAINSIEME che, occultamente, si vada riorganizzando a Catania, seppure in forme diverse e con modalità molto più sofisticate, un nuovo sistema di potere e di monopolio della opinione pubblica.
Enzo Bianco, il primo ottobre dell’89, quando già cominciavano le manovre per farti cadere, hai rilasciato un’intervista a Pietro Calderoni di Epoca.
Vorremmo che oggi, tu ripetessi a voce alta quelle parole:
“Il vero problema qui a Catania sono i soldi, sempre e solo i soldi. I soldi e gli affari. In città stanno per piovere, fra finanziamenti e stanziamenti mille miliardi di investimenti l’anno. Questo è il problema. La richiesta delle mie dimissioni solo la conseguenza dell’arrivo di questa valanga di denaro. Devo essere più chiaro? Per certi gruppo politici quest’amministrazione, non docile, non è giudicata adatta a governare solo perché non si garantisce loro di fare i propri comodi. E’ il vecchio “comitato d’affari” mai morto, che si fa vivo.
Ma io non ho nessuna voglia di mollare.
Con me non prevarrà la logica del “ppi mia chi c’è?”, faccio anche i nomi di chi mette il bastone fra le ruote per ciò che riguarda la Nettezza Urbana, per ciò che riguarda l’appalto dell’asse attrezzato: Sono Giovanni Vellini, il vice capo gruppo DC, e il segretario cittadino sempre dc, Angelo Munzone, guidati dai loro referenti esterni.
Ma non ci faremo condizionare da nessuno.
Noi andremo avanti nella nostra strada“.
Ecco, finiva così l’intervento di quella sera, questo è il sindaco che abbiamo voluto, questo è il sindaco che oggi vogliamo, un sindaco come questo speriamo di avere, fra tre anni, nel 2001.
La seconda in un volantino, del primo luglio del ’99 che mai siano riusciti a pubblicare, ma di cui abbiamo fatto diffusione (ed è anche sul sito Internet del movimento), in cui denunziavamo ricordando l’intervento dell’anno prima le seguenti cose:
  • la stagnazione del dibattito politico;
  • la diminuzione del livello di coscienza civile e della partecipazione;
  • il ritorno dei partiti, sia di maggioranza che di opposizione, alle vecchie logiche clientelari;
  • l’infiltrazione della mafia negli appalti pubblici;
  • l’approfondimento del solco fra le due città: centro e periferie.
A distanza di un anno scrivevamo questi timori rimangono e si rafforzano.
Avevamo sognato la scomparsa delle clientele e ci ritroviamo contributi a pioggia su miriadi di enti e di associazioni, come e peggio dei migliori tempi della Democrazia Cristiana.
Avevamo sognato politici accorti, in grado di fiutare a distanza mafiosi e approfittatori, e ce li ritroviamo (ingenui!) a cena con Romagnoli e soci.
Avevamo sognato una nuova classe politica, fatta da gente che non avesse nulla a che spartire con i vecchi sistemi e ritroviamo i soliti noti i cui galoppini salgono e scendono per le scale degli uffici comunali.
Avevamo sognato uno stile politico sobrio e concreto e ci ritroviamo le pagine de “La Sicilia” piene, particolarmente in periodo preelettorale, di significative inaugurazioni, di mirabolanti iniziative, di commoventi riconoscimenti.
La realtà, dopo il sogno, genera un dubbio: “Abbiamo forse contributo ad infiocchettare una città che nei problemi di fondo e nella gestione sostanziale del potere è rimasta quella di sempre?”
Invitiamo quanti hanno a cuore il futuro di Catania a pensarci sotto l’ombrellone, per aprire insieme, su questi temi, alla ripresa di settembre, un dibattito serio e senza pregiudizi.
Abbiamo chiesto, ma non ci è stata mai data la possibilità di confrontarci con il sindaco di allora su questi temi.
Il presidente Scidà così si legge sul volantino che ha lanciato questa manifestazione ha denunziato, ancora una volta “il sistema illecito di potere che governa Catania.
Noi abbiamo fiducia in Scidà ma dobbiamo riempire di contenuti le sue affermazioni.
Dobbiamo chiederci:
Chi sono i nuovi potenti di Catania?
In che cosa consiste, in concreto, il potere illecito di questi nuovi potenti? Come definirlo? Dove identificarlo? Quali personaggi indicare? Attraverso quali canali governa la città?
Vi ricordate quando facevamo i nomi di Drago, Nicolosi, di Andò? Dei cavalieri del lavoro?
Al di là dei nostri legittimi sospetti abbiamo in mano elementi simili a quelli di allora?
Allora c’era Giuseppe Fava, i Siciliani, le sue inchieste; tutto il marcio veniva a galla con chiarezza, potevamo permetterci, di fare nomi e cognomi ricevendo minacce occulte, ma mai nessuno ha accennato a un minimo di querela…
Potevamo andare in televisione a parlare. C’era qualche trasmissione seria, di dibattito civile, nelle quali venivano affrontati questi problemi che coinvolgevano la gente…
Città d’Utopia è l’unico giornale sul quale trovare qualcosa che faccia da riscontro a queste denunzie.
Ho letto l’ultimo numero, attentamente.
Me lo sono studiato.
Ci sono moltissimi spunti. Si fanno anche dei nomi.
Ma il geroglifico resta indecifrabile.
Come dimostrare la connessione fra il Garibaldi, la piscina di Nesima, il Tavoliere, il mulino Santa Lucia, il porto e l’interoporto, e San Giovanni La punta?
I nostri sospetti e le cose dette da Scidà sono solo affermazioni dovute alla sua esperienza, alla sua profonda conoscenza dei meccanismi della città, alle sue intuizioni, o sono fondate su episodi e fatti precisi che egli sembra non abbia mai detto o che non può dire?
C’è un filo comune che lega tutte queste realtà negative a Catania, e come possiamo scoprirlo?
Le affermazioni di Marino vanno più sul concreto.
Ma il rallentamento delle indagini su San Giovanni la Punta, e la relativa non incriminazione di Sciuto, quale significato hanno nell’attuale momento politico catanese?
Non abbiamo evidenti risposte altrimenti non porremmo queste domande.
Sono questi i punti interrogativi sui quali dobbiamo metterci insieme per trovare una riposta.
Ed allora una proposta concreta per finire:
Il nodo delle collusioni dell’illecito potere” in atto a Catania passerebbe attraverso tutti quei casi che abbiamo citato nel volantino: (Garibaldi, Nesima, Tavoliere, Mulino Santa Lucia, Porto, Interporto, San Giovanni la Punta…)
E’ necessario che l’opinione pubblica conosca quanto di inquietante si nasconde dietro questi accenni. Ciò che noi, più o meno consociamo, non può essere ristretto solo a pochi addetti ai lavori.
Se per noi alcuni intrecci sono chiari e provati, non per questo sono chiari per tutti.
La denunzia di un piccolo gruppo di persone non serve a niente fin quando non si forma un minimo di opinione pubblica.
Ed allora mettiamoci attorno a un tavolo.
Sul numero 30’ di Città d’Utopia, del marzo 2001, parlando del “geroglifico maligno”, dopo una analisi attenti dei problemi e delle dichiarazioni della stampa nazionale sui recenti svolgimenti del “caso Catania” si conclude: “Sono dichiarazioni che fanno discutere. Da verificare certo, ma inquietanti.
Ed allora, se al Palazzo di giustizia non sembra che ci sia molta voglia di fare questa verifica, facciamola noi.
Prendiamo tutti questi “casi” ad uno ad uno.
Mettiamo nero su bianco, chiaro, con chiarezza, scriviamo cose che tutti possano capire.
Facciamo delle assemblee per informare l’opinione pubblica su tutte queste cose.
Se troviamo nell’analisi di questi casi, gli estremi della organizzazione mafiosa o di collusioni con al criminalità o della illegalità, facciamo una manifestazione mirata, mirata ad informare l’opinione pubblica su questo.
Dobbiamo farlo noi, cittadini comuni ai quali ancora rimane la voglia di conoscere che cosa avviene in questa città.
Non ci aiuterà la nostra litigiosità ed il nostro individualismo
Non ci aiuteranno le forze politiche. Per la sinistra catanese il caso Catania non esiste, per l’arcivescovo Bommarito L’autentico “caso Catania” è la fede dei catanesi dietro la vara di Sant’Agata.
Altrimenti tutto ciò resterà all’interno dei nostri gruppetti.

Se la nostra consapevolezza, una volta provata, non diventa la consapevolezza della città, noi ce la cantiamo e noi ce la suoniamo, e Busacca farà l’accompagnamento.

AMEN!
CITTAINSIEME